di Riccardo Bramante
Decisamente originale è quest’ultimo lavoro della scrittrice Vanna Vinci sia per la presentazione sotto forma di libro non scritto ma a fumetti, sia per l’argomento trattato che si evince già dal titolo:”Parle-moi d’amour. Vite esemplari di grandi libertine”.
Ecco allora che scorrono sotto i nostri occhi, “intervistate” nei luoghi simbolo della loro esistenza, donne rese famose per la loro bellezza e sensualità anche da scrittori e musicisti come la melanconica Maria Duplessis, che ispirò la “Signora delle camelie” di Alexandre Dumas figlio e “La Traviata” di Giuseppe Verdi rappresentata nel libro della Vanni in tutto il suo fascino sinuoso attraverso un tratto ingenuo di matita che ne dà una immagine pura e non certamente volgare.
Nella descrizione dei diversi personaggi non mancano nemmeno acute indagini che potremmo dire sociopolitiche sull’epoca vissuta come quelle accennate raccontando la sua vita da Esther Lachman, ovvero “la Paiva”, passata dalla povertà più assoluta al rango di marchesa avendo sposato, dopo diversi facoltosi amanti, un marchese Araùjo de Paiva proveniente dalla lontana Macao e perdutamente innamoratosi di lei; è lei, infatti, che ricorda come all’avvento di Napoleone III, divenuto Imperatore nel 1852, vi fu un grande progresso economico e sociale e, almeno negli ambienti da lei frequentati “giravano molti soldi….e il mercato del piacere esplose letteralmente”; una prostituta d’alto rango era considerata “un bene di lusso” da esibire in una società avida di pettegolezzo mondano e culturale.
Ed ecco, poi, Coral Pearl, inglese trapiantata a Parigi e abituèe del Cafè des Anglais dove, difronte ad uno scelto pubblico di banchieri, finanzieri, nobili nonché il gaudente cugino dell’Imperatore, giocosamente chiamato Plon Plon, viene presentata completamente nuda su un vassoio d’argento circondata da verdure, prezzemolo e fiori.
Segue poi l’incontro, al Musèe d’Orsay, con Apollonie Sabatier, amante di Charles Baudelaire che le dedicò alcuni scritti e modella di diversi pittori e scultori tra cui Auguste Clèsinger di cui ancor oggi si può ammirare, proprio al Musèe d’Orsay, l’opera “Donna morsa dal serpente” commissionatagli dall’amante della donna allora in carica, il diplomatico ed industriale belga Alfred Mosselman, una scultura talmente sensuale da far dire a Frédéric Chopin, suo amico, che aveva trovato la posa “indecente e allarmante”, mentre nello stesso tempo il pittore Gustave Courbet ne faceva la modella preferita per i suoi lavori rifacentisi all’estetica del realismo.
Seguono ancora le storie di tante altre “femmes fatales” dell’epoca attraverso le quali la Vanni riesce, in qualche modo, a farci respirare l’aria di quel periodo perduto mettendo in luce lo spettacolo dello sfarzoso lusso mondano in cui vivevano le classi agiate della fine Ottocento, senza esprimere giudizi sul loro operato ma vedendole solo come donne consapevoli di sè e del proprio fascino femminile che le poneva al di sopra dei giudizi e, quindi, veramente libere.