di Felicia Pinelli 

Nella regione Molise si trova un’area archeologica di epoca romana, situata in pianura tra le falde del Matese e del fiume Tammaro; è il sito di Saepinum, l’antica Altilia .
Questo villaggio rurale era un punto di mercato e ristoro per la transumanza essendo proprio a metà strada del tratturo Pescasseroli-Candela, situato in un punto strategico tra il Sannio, i Peligni e l’Irpinia e si prestava bene al commercio per la pastorizia, per l’artigianato e per la grande fertilità del terreno. Tutte condizioni ideali per portare il benessere economico agli abitanti di questo villaggio.

Con le quattro porte di accesso, Porta Tammaro, Porta Boiano, Porta Benevento e Porta Terravecchia e con le mura fortificate da molte torri circolari, Saepinum era anche una fortezza sannitica dove potersi rifugiare in caso di pericolo, ma i suoi abitanti erano soprattutto allevatori di pecore dalle quali ricavavano carne, latte, formaggio oltre alla lana, materie queste che garantivano la sopravvivenza e l’abbigliamento.
Utilizzando il percorso del tratturo, nel periodo invernale si trasferivano le greggi dalle zone montuose dell’Abruzzo e Molise alle zone di pianura della Puglia, (l’antica Daunia) poi d’estate si faceva il contrario, transumando le greggi dal Tavoliere della Puglia alle montagne abruzzesi.
In questo periodo estivo durante la sosta del trasferimento le greggi venivano tosate, c’era quindi bisogno di spazi attrezzati per contenere animali e facilitare subito la lavorazione della lana.


Durante la terza guerra sannitica, Saepinum venne conquistata dai Romani, che la abbellirono con interventi edilizi, edifici pubblici e sacri, nuovo assetto urbanistico, mura di cinta, torri e porte, diventando così formalmente sottomessa a Roma ma autonoma dal punto di vista amministrativo.
Con i vari conflitti e guerre succedutesi negli anni successivi tra Saraceni prima e Normanni dopo, il popolo di Saepinum è costretto a fuggire rifugiandosi in collina costruendo l’attuale paese di Sepino e abbandonando la città romana che diventa così una zona paludosa, zona che gli arabi chiameranno: al tell (città in rovina) da cui poi deriverà il nome di Altilia.


Nei secoli successivi molti sono stati gli archeologi che si sono succeduti  per riportare alla luce l’intera area, restaurando gli ambienti del foro e della basilica, del teatro, oltre a numerose abitazioni private, mura e botteghe, tanto da essere considerata una “piccola Pompei”.
Il migliore edificio conservato di Saepinum è sicuramente il teatro con una rete di canali per l’acqua piovana e con una ampiezza di circa tremila posti a sedere.
Adiacente al teatro è stato allestito un museo archeologico con esposizioni di materiali provenienti dalla necropoli, suddivisi  in quattro distinte sale a seconda del periodo storico a cui risalgono.