di Riccardo Bramante
Confesso che avevo iniziato a leggere questo lavoro con una certa prevenzione: “Sarà – mi dicevo- il solito libro in cui i politici (e, purtroppo, non solo loro) si affannano ad elencare, a distanza di qualche tempo per dare modo alla gente di non ricordare troppo, le loro gesta e realizzazioni conseguite nei rispettivi campi magnificandole e, ovviamente, ingigantendole.

Ma dopo le prime pagine mi sono dovuto ricredere; mi trovavo davvero avanti ad uno scrittore che veramente amava Roma, la sua città, e che la carica di sindaco da lui ricoperta dal 2001 al 2008 era stata una fortunata occasione per meglio conoscerla nei suoi aspetti più nascosti e fare, soprattutto, qualcosa per migliorare la vita dei suoi cittadini.

Certo, c’è il ricordo anche delle opere fatte e delle molteplici iniziative intraprese: ma l’obiettivo primario che si coglie a prima vista è la volontà di sfatare l’eterno e ripetuto mito della presunta ingovernabilità di Roma e dimostrare “ai nuovi potenti” la falsità dell’affermazione che prima del loro arrivo tutto era un disastro e che, perciò, si doveva sempre ripartire dall’anno zero.

E’ un vero e proprio diario, quello di Veltroni, in cui l’esperienza di quel periodo di governo si materializza anche in tante piccole iniziative come la visita alle persone rimaste coinvolte nel crollo della palazzina di Via Ventotene o nella grande fiaccolata su Via dei Fori Imperiali all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle di New York.

Ma si racconta anche (senza, peraltro, scendere nell’autoincensazione) delle grandi opere realizzate come, ad esempio, il magnifico Auditorium, Parco della Musica firmato da Renzo Piano o la nascita della Casa del Cinema a Villa Borghese creata utilizzando l’edificio che dopo la guerra e all’epoca della “dolce vita” era divenuto un dancing (“La Lucciola”) per poi sprofondare nell’oblio.

E come dimenticare, per rimanere nell’ambito culturale, l’esperienza del “Festival delle Letterature” alla Basilica di Massenzio, la “Casa del Jazz” all’Ardeatino o la “Festa del Cinema di Roma”, nato nel 2006, per valorizzare anche gli Studi di Cinecittà che avevano ospitato i set di tanti grandi film come “La dolce vita”, “Vacanze romane” e “Ben Hur” ed erano ormai conosciuti in tutto il mondo.

Ma vi sono, poi, le grandi opere che hanno ridisegnato l’aspetto della città come l’approvazione del nuovo piano regolatore e del cosiddetto “piano regolatore sociale”, una esperienza innovativa di ricucitura tra il centro e le periferie nella “consapevolezza che una città cresce solo se lo fa insieme, senza separazioni tra centro e periferie, se è una comunità unita”; ne è un esempio eclatante l’apertura del tunnel dedicato a Papa Giovanni XXIII che unisce i settori est ed ovest della città, divenendo il traforo urbano più lungo d’Europa.

Tante altre sono le opere ricordate, ma da tutte le storie emerge quel senso di comunità che l’autore sottolinea continuamente a dimostrazione del suo amore per Roma e la sua gente.