di Anna Maria Stefanini

Nel 1994, esattamente venticinque anni fa, il Consiglio d’Europa conferiva alla Via Francigena la menzione di “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”, uno dei massimi riconoscimenti continentali. Molti di noi hanno chiara l’importanza delle testimonianze storiche e culturali, incluso quel particolare asse ereditario che gli antropologi definiscono “cultura materiale”, che si rivela attraverso i manufatti, gli utensili, l’abbigliamento, le case, le tecniche e persino i cibi serviti a tavola. In questa importante ricorrenza è importante pedinare questo fondamentale parametro della nostra genealogia storica.
Alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) e nel primo Medioevo, le grandi strade consolari romane, che per quasi un millennio avevano contribuito all’espansione e alla tenuta dell’impero, conoscono un plurisecolare ciclo di abbandono e declino.

L’emergere e il consolidarsi di nuove istituzioni globali: la chiesa di Roma e gli imperi dell’Europa centro-occidentale (l’impero carolingio di Carlo Magno prima e il Sacro Romano Impero di Ottone I di Sassonia più tardi), ricostituiscono una relativa stabilità nel quadrante centro-sud-occidentale del continente, riattivando, come effetto collaterale, la dorsale comunicativa nord-sud. Siamo nei secoli IX e X; è in questo periodo che prende forma la “Via Francigena”, l’incredibile infrastruttura che collegava Canterbury (nell’attuale Inghilterra meridionale) a Bari (circa 3.200 Km), dove ci si poteva imbarcare per la Terrasanta.

La Via Francigena attraversava Reims (Francia settentrionale), Lausanne (Svizzera), le Alpi nei valichi Monginevro o Moncenisio (talvolta nel Grande e il Piccolo S. Bernardo), Pavia – già capitale longobarda – sino a Piacenza; qui avveniva il “transitus Padi”, ossia l’attraversamento in barca del Po; nel comune di Calendasco (dove era situato l’antico porto fluviale) è ancora ben conservata la “colonna del pellegrino”. A sud del Po la via passava per Lucca, e Siena. Dalla Toscana la via si innestava sulla Consolare Cassia, toccando Acquapendente, Bolsena, Montefiascone, Viterbo, Capranica, Sutri e Monterosi. Alla Storta i viaggiatori prendevano la “Via Triumphalis” ed giungevano in Vaticano. L’ingresso al piazzale di S. Pietro avveniva attraverso la “via del Pellegrino” e la “Porta Sancti Pellegrini”, percorso che venne per questo denominato “Ruga Francisca” (strada dei francesi). L’arrivo in Roma comprendeva anche un trattamento particolare: la Chiesa di San Lazzaro, dove i pellegrini ammalati (in particolare di lebbra) venivano avviati al lazzaretto di Mons Gaudii (Monte Mario), fuori dalle mura.
Denominata talvolta “Via dei Longobardi”, “Iter Francorum”, “Via Francisca” o “Romea” (da non confondere con l’omonima strada adriatica), la prima certificazione ufficiale di “Via Francigena” compare nella pergamena chiamata Actum Clusio (documento giuridico di carattere territoriale di Chiusi; 876), conservata nell’Abbazia di San Salvatore (Monte Amiata). La prima descrizione di un viaggio (di ritorno) lungo la Via Francigena è invece dell’arcivescovo di Canterbury Sigerico, contenuta nello scritto detto “Itinerario di Sigerico” di fine X (“de Roma usque ad mare”; il mare era quello della Manica). Sigerico era sceso a Roma per ritirare da papa Giovanni XV il “pallium”, un importante paramento sacro di lana bianca, da indossare sulle spalle a simboleggiare l’agnello che il buon pastore porta sulle spalle. Il suo viaggio di ritorno si svolse in 79 tappe.
A sud di Roma la Via Francigena proseguiva per la via Appia fino a Benevento, dove imboccava la via Appia Traiana che scavalcava l’appennino campano fino a Troia, nel Tavoliere delle Puglie. Da qui si potevano raggiungere i porti di Bari, Brindisi e Otranto e prendere le rotte marine per la Terrasanta.
E’ opportuno ricordare che la Via Francigena era in realtà un collettore viario flessibile sul quale confluivano diverse altre strade e che poteva offrire diverse alternative di percorso a seconda delle esigenze e delle caratteristiche dei viaggiatori e dei mutamenti territoriali. Ad esempio, dopo la morte di San Francesco, molti pellegrini preferivano deviare per raggiungere Assisi.
Chi erano gli “utenti” della Francigena? Prima di tutto i pellegrini. Il pellegrinaggio verso la “tomba di Pietro” era nel Medioevo una delle tre “peregrinationes maiores”, le altre erano la Terrasanta e il santuario di Santiago di Compostela (dove si troverebbe la tomba dell’apostolo Giacomo); le prime due richiedevano entrambe il passaggio lungo la Via Francigena.
Poi c’erano i funzionari e i delegati delle istituzioni pontificie, imperiali, feudali e comunali.
La Via Francigena era utilizzata anche dai mercanti, tra i quali molti frontalieri italiani interessati a vendere le proprie merci alle “fiere” in Francia.
Infine c’erano i “crociati”, parte dei quali, come Ugo di Vermandois (1096; ma anche Brancaleone di Mario Monicelli), seguirono la via del mare, imbarcandosi a Bari per raggiungere Costantinopoli, punto di passaggio strategico per le armate crociate.
Ma lungo la Via Francigena transitarono anche gli intellettuali, i libri e gli studiosi; certamente anche i numeri di Fibonacci (1170– 1235) .
Via Francigena; testimonianza storica a cielo aperto.

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