Fabrizio Festa, cantautore romano dalle profonde radici nel cinema e nella musica, ci porta nel suo universo con “La vita di notte”, un brano che esplora la nostalgia di un tempo passato e il confronto con l’attualità. Attraverso la sua musica, Fabrizio riflette sul cambiamento delle notti, da un’era di eleganza e romanticismo a un’epoca dominata dalla tecnologia e dalla distanza emotiva. Con un approccio spontaneo alla creazione artistica, Festa trasmette autenticità e passione, convinto che le migliori canzoni siano quelle nate senza pianificazione, ma guidate dall’istinto e dall’emozione.
“La vita di notte” sembra avere un impatto nostalgico. Pensi che ci sia una differenza tra la notte di una volta e quella di oggi, e come si riflette questo nella tua canzone?
Partendo dalle generazioni precedenti alla mia, “La Dolce Vita” raccontava di una poesia radicata nei gesti, di un elegante romanticismo e della galanteria che si manifestava attraverso la seduzione e la voglia di conoscersi spontaneamente. Oggi, tutto questo sembra essersi perso. Internet ci ha fornito una maggiore comprensione del mondo, ma invece di renderci più sicuri e consapevoli, ci ha abituato a osservarlo pigramente dal divano di casa, impedendoci di sviluppare un rapporto empatico e fisico con gli altri.Ascoltando molte opinioni, sembra che sia diminuito anche il desiderio di uscire per vivere la notte. “La Vita di Notte” vuole essere una canzone liberatoria, che ci invita a risvegliare i nostri istinti e le nostre emozioni sopite, a osare di essere noi stessi, in modo naturale e spontaneo. Forse sbaglio, ma ho la sensazione che rispetto a qualche tempo fa, ci sia anche meno passione nell’amore.
Parlando di questo brano hai fatto riferimento alla spontaneità con cui è nato, senza l’ausilio della chitarra. Quanto è importante per te mantenere intatta l’autenticità del primo momento creativo?
La musica è una cosa seria, e quando le canzoni nascono spontaneamente, bisogna rispettare l’istinto e la naturalezza che le caratterizzano. Le migliori canzoni sono quelle che emergono senza essere pianificate o razionalizzate; sono espressioni pure della nostra essenza e della nostra anima. Questo processo è affascinante perché ti permette di scavare dentro te stesso, di scoprire profondamente chi sei, e le canzoni nascono come figli, emergendo con forza dai mondi nascosti del proprio essere. Non sono il tipo che scrive canzoni a tavolino; quello è un lavoro da contabili, non da artisti. Ho sempre avuto la fortuna di creare di getto, con le parole che spesso arrivano tutte insieme, come è successo con “La Vita di Notte”. Tuttavia, la creatività da sola non basta. Devi essere costantemente immerso nella musica e nello studio, sempre pronto a cogliere l’ispirazione quando arriva
Il videoclip di “La vita di notte” è un vero e proprio gioiello cinematografico. Hai curato personalmente la regia e la sceneggiatura. C’era un’idea precisa che volevi trasmettere con le immagini?
Fin da ragazzo, ho nutrito una passione profonda per il cinema. Questa passione mi ha portato a lavorare per molti anni in una videoteca, poi nella distribuzione cinematografica. Le sere, insaziabile quale ero, andavo al cinema anche da solo per vedere film. Ho visto un’infinità di pellicole, sviluppando un occhio registico che mi ha facilitato molto nella scrittura di canzoni, specialmente quando penso a un videoclip. I testi delle mie canzoni evocano spesso immagini cinematografiche, permettendomi di proiettare ciò che ho in mente in modo chiaro e vivido. In questo caso, il fascino e la magia del mare del Salento e della location di Otranto hanno reso tutto ancora più semplice e suggestivo.
La tua musica spesso esplora temi profondi e personali. Come scegli gli argomenti da trattare nelle tue canzoni?
Riallacciandomi a quanto detto poco fa, non scelgo mai consapevolmente cosa scrivere. I temi emergono spontaneamente dal flusso di coscienza e dalle esperienze vissute in quel periodo. Quando affronto temi sociali, lo faccio perché li ho vissuti intensamente sulla mia pelle. Descrivo il mondo con la mia percezione, spesso paradossale e incoerente, e uso la canzone come mezzo per provocare e stimolare riflessioni. È il mio modo di dire che non siamo ancora addormentati, che siamo ancora vigili e presenti.
Mark Knopfler dei Dire Straits ha avuto una grande influenza su di te. Ci sono altri artisti che hanno segnato momenti specifici della tua vita o della tua carriera?
Mark Knopfler ha quel “timing” e quel “beat” che sono innati nelle melodie dei più grandi, come Michael Jackson, un altro genio che ho sempre ascoltato con piacere, studiando gli arrangiamenti di Quincy Jones. Ho esplorato un’infinità di musica e in certi momenti della mia vita, ho compreso la mia direzione grazie alla pura emozione di Tracy Chapman, all’emotività profonda di Lucio Dalla, e all’integrità assoluta di Lucio Battisti come artista. Questi incontri hanno guidato il mio cammino verso l’autenticità e la maturità nella scrittura delle canzoni.
Qual è il tuo sogno più grande come cantautore?
Raggiungere il grande pubblico con le mie canzoni è una sfida molto stimolante. Credo che sia ancora più difficile e gratificante scrivere un brano che diventi poi un classico, un “evergreen”. Canzoni come “Ancora” di Claudio Mattone, “Mille Giorni di te e di me” di Claudio Baglioni, “Il mio Canto Libero” di Mogol e Battisti, e alcune di Raf che ho sempre stimato, sono esempi perfetti di questo.
Grazie mille per il tuo tempo, Fabrizio. Ti auguro un grande successo per “La vita di notte” e per la tua futura carriera musicale.
Grazie a voi per l’intervista.