Oggi vi riservo una storiella su Babbo Natale. L’ho scritta il 22 dicembre ed è ambientata il 23 dicembre 2020. Un modo per sdrammatizzare sul periodo complicato in cui viviamo.

A corredo un mio disegno di Babbo Natale.

Un abbraccio e tanti auguri

Fabrizio Trainito

 

Il ciccione vestito di rosso

Hector volse lo sguardo al cielo grigio di quella tetra città e vide il carro volante planar giù, scavallando quell’ultima nuvola, e su di esso il gran panzone vestito di rosso. Davanti le sue renne tiravano indemoniate, mentre lui agitando un campanaccio sorrideva e salutava tutti allegro.
Scese in picchiata e solo poco prima di toccare terra rimise in asse la slitta, atterrando pesantemente, non senza scossoni e cigolii allarmanti.
Era fatto così e non c’era niente da fare: gli piacevano le entrate ad effetto e di certo non poteva lasciarsi scappare un’occasione così ghiotta.
Era stato formalmente convocato a Bruxelles dai grandi capi della Comunità per istruzioni adeguate in merito alla sicurezza sanitaria. Anche per lui era stato studiato un protocollo di ingaggio della clientela e ci si doveva in qualche modo attenere.
Non c’era da rallegrarsi tanto e le notizie sulla grande Pandemia erano giunte fino a lui, nell’estremo nord artico, purtuttavia elfi e nani avevano continuato alacremente a lavorare in preparazione del Natale.
Ignari dei tanti decreti di lockdown avevano continuato a produrre giocattoli di giorno e di notte, rispettando l’antica regola del riposino di 10 minuti ogni ora. Nessuno aveva modificato i loro perfetti piani di produzione, né alterato i tempi di consegna: tutto doveva essere pronto per il 24 dicembre sera, quando il capo avrebbe iniziato il suo rituale viaggio.
Solo adesso che era il 23 dicembre era arrivata la convocazione europea e tutti erano preoccupati che qualcosa potesse turbare gli usuali preparativi e la festa generale al termine dei lavori.

Quando il grassone vestito a festa scese dalla slitta fu subito immobilizzato e cosparso di gel igienizzante, gli fu confiscato il campanaccio, che agitava in modo irresponsabile, e fu condotto per il tampone in una tenda da operatori sanitari imbacuccati e ricoperti di plastica dalla testa ai piedi. Nessuno pronunciò parole inutili per la sua accoglienza né i modi furono gentili. In realtà era per tutti davvero una gran brutta gatta da pelare!
Tutti i dpcm dei paesi civili avevano ormai da tempo vietato gli spostamenti tra stati, paralizzando il traffico aereo e ferroviario. Non solo, si era andati oltre e si erano chiuse le regioni, le province e perfino le città maggiori. Nell’ultimo provvedimento si era provveduto a chiudere tutti in casa per l’intero periodo festivo. E poi qualcuno si era ricordato di lui, il grassone fuorilegge, che passa di casa in casa, scendendo per i camini e lasciando pacchi e carbone in tutte le abitazioni.
Qual miglior veicolo per il contagio?
Si era cercato in tutti i modi di bloccare l’enorme traffico postale diretto alla sua casella al Polo Nord, ma non c’era stato nulla da fare con le email, i messaggi social e tutto quanto fosse immateriale.
D’altronde le lettere erano state intercettate solo in parte. Pensare che c’erano bambini che per sicurezza avevano spedito letterine per Babbo Natale persino in agosto. Le tonnellate di missive ultime tre settimane giacevano ora nei magazzini di Bruxelles, ma erano solo una piccola parte delle richieste e non avrebbero in alcun modo arrestato i viaggi del ciccione.
Era stato Hector Dwayne, l’assistente dell’assistente personale del Governatore, a presentare il caso e convincere i capi che si dovesse agire per evitare il peggio. Era orgoglioso di averci pensato solo lui e ricordava con piacere le facce allibite di tanti politici e uomini di comando, poi però il cerino era rimasto in mano a lui. Aveva avuto gli onori della ribalta per aver segnalato una possibile causa di infezione e adesso doveva anche accollarsi gli oneri di contenere quel pericolo.
Adesso avrebbe dovuto parlare con lui in persona, il tipo oversize con barba bianca e cappellino di feltro rosso, e convincerlo a desistere dal suo programma. Avrebbe potuto consegnare i doni insieme a quelli del natale 2021. Era una soluzione pratica, efficiente e sicura. Proprio per questo era certo che quello scavezzacollo non l’avrebbe gradita.
Perdere la scena e dover attendere addirittura un anno intero prima di potersi pavoneggiare nei cieli?

Sicuramente avrebbe fatto di tutto per evitare le misure di contenimento.

Passare di casa in casa voleva dire diffondere il virus con una rapidità mai vista. E non sarebbe servito a niente mettersi la mascherina, i guanti e altre protezioni, perché il virus si sarebbe attaccato e comunque si sarebbe spostato di casa in casa.

 

Ricevette l’ospite del nord in una sala sobria, sterilizzata appositamente per l’occasione. Mentre tutti nella sala indossavano correttamente guanti e mascherina, il nuovo venuto aveva posto sulla sua lunga barba la mascherina che gli avevano fornito, ma questa non copriva che una parte della bocca, lasciando libero il grosso nasone. Inoltre aveva rifiutato i guanti, adducendo il fatto che ne aveva già di migliori e ben più caldi.

Spavaldo il re del Polo Nord affrontava il suo interlocutore con sufficienza. Aveva esordito subito male, affermando con sicurezza che era impensabile mettere la maschera a Babbo Natale. Mica era Batman! I bambini come avrebbero potuto ammirare il suo splendido sorriso? Lui non aveva bisogno di una museruola per il suo lavoro!

Le argomentazioni addotte dall’assistente Dwayne non lo convincevano in alcun modo. Continuava a ripetere che la sua era una missione, che aveva giurato di portarla a termine ogni anno, che aveva un debito con i bambini che gli avevano scritto le letterine, che gli elfi ed i nani si erano spaccati la schiena di lavoro tutto l’anno, che così si uccideva la speranza…
Insomma tutto un repertorio di sciocchezze d’altri tempi. Tutto fuori luogo e contesto. Ma non si rendeva conto del rischio?!
Nel suo vestito rosso fuoco continuava a borbottare, bofonchiare, delirare. Sembrava il crepitare delle fiamme in un camino e non c’era modo di farlo stare zitto. E più parlava più il tono della voce cresceva. Si stava innervosendo…
Effettivamente dal profilo caratteriale si evinceva chiaramente che fosse un gran pignolo, ma trovarselo davanti a urlare e gesticolare con quel suo faccione rubicondo e paonazzo era un’altra storia. Probabilmente aveva anche bevuto un po’.

Insomma non ci fu nulla da fare. Hector alla fine fu costretto a prendere la decisione che voleva evitare, ma era all’ultima spiaggia. Babbo Natale fu chiuso in gattabuia per tutte le feste. E così passò quel Natale, il Capodanno e anche l’Epifania.

Hector continuava a rimuginare sulla decisione che aveva dovuto prendere, ma non vedeva alternative. E comunque era una vita che se l’era tenuta dentro. Fin da quando era piccolo quello stupido ciccione non gli aveva mai portato quello che gli aveva chiesto. Hector desiderava tanto un cane. Non un pesciolino, né una tartaruga, né tantomeno un criceto. Voleva solo un cucciolo, un cagnolino da crescere, che gli tenesse compagnia. Glielo aveva scritto ogni anno. E lui no, continuava a portare altro. Hector gli aveva scritto una lettera al mese, poi man mano che si avvicinava il Natale spediva ogni settimana una letterina nuova. Niente da fare. Fucili, robot, giochi da tavolo, anche un telescopio. Tutti oggetti inanimati, ma mai un cane.

Adesso gli stava bene! Quest’anno non avrebbe portato niente a nessuno, così imparava!