di Riccardo Bramante 

Dopo diversi anni di assenza Sophia Loren torna a recitare in un film distribuito da Netflix e diretto dal figlio Edoardo Ponti tratto dall’adattamento del romanzo, “La vita davanti a sè” dello scrittore francese Romain Gary, nel 1975 vincitore del prestigioso premio letterario Goncourt” e già portato sullo schermo nel 1977 con l’interpretazione di una straordinaria Simone Signoret vincendo, l’anno successivo, l’Oscar per il miglior film straniero.

Questa volta la storia è ambientata non nella Parigi del libro ma nella “Parigi del Sud”, Bari dove vive un ragazzo di 12 anni, Mohamed (ma lui preferisce farsi chiamare semplicemente Momo) senegalese di nascita ma immigrato nella città pugliese, ben riconoscibile quando il protagonista gira per le strade della città vecchia spacciando droga e rapinando anziane signore.

Proprio durante un tentativo di rapina Momo viene ad incrociare il suo destino con quello di Madame Rosa (Sophia Loren) donna malandata e ormai vecchia che gestisce una sorta di rifugio per i bambini figli di prostitute. Su richiesta dell’affidatario di Momo, il Dottor Cohen, il ragazzo viene affidato a lei fino a quando non gli potrà essere trovata una nuova sistemazione; da una convivenza in un primo momento accettata malvolentieri inizia invece un rapporto di crescita emotiva e personale che li porterà ad affezionarsi l’uno all’altra nei momenti piacevoli e in quelli tristi fino alla morte di Rosa.

Elemento fondamentale del film è l’evoluzione psicologica ed emotiva dei due personaggi che pur appartenendo a generazioni e a culture diverse scoprono di avere tanti aspetti in comune; infatti, Momo è un emarginato proprio come lo fu Rosa, ebrea scampata al campo di sterminio di Auschwitz, circostanza, peraltro, su cui la storia non si sofferma molto per dare invece spazio al rapporto umano che si instaura tra loro.

Pur con una regia stilisticamente e formalmente non ancora ben delineata (ma Edoardo Ponti è ancora giovane!), il film si regge sulla interpretazione di una intramontabile Sophia Loren che non ha perso nulla della sua forza attrattiva ed espressiva anche nella parte di questa donna-chioccia che si cura degli altri prima che di se stessa, simile ad una leonessa che giunta ormai alla fine della sua esistenza vuole solo condividere con qualcuno l’amore per il prossimo che ha dentro.

Non da meno è l’interpretazione di Momo, Ibrahima Gueye, un talento grezzo ancora da levigare ma che già ora denota un grande impatto empatico, soprattutto quando viene lasciato libero nella sua emotività.

In definitiva “La vita davanti a sé” è un film sentimentalmente pregevole pur senza una adeguata cornice formale in grado di rendere memorabile questo racconto intergenerazionale e multietnico che molto avrebbe da trasmettere ma che vale, comunque, la pena di vedere se non altro per ammirare ancora una volta la Loren in un ruolo che potrebbe, forse, condurla anche agli Oscar 2021.