di Ester Campese

E’ una bella domenica settembrina, di quelle che sa regalare Roma e ci intratteniamo piacevolmente con il Maestro Ferdinando Codognotto nella sua bottega in centro, dove amabilmente ci racconta della sua vita di artista in modo semplice ed entusiastico. Vita, fra l’altro, pienissima di aneddoti che intrecciano Arte e Spettacolo, nomi noti e meno, con un denominatore comune: tutti apprezzano le sue creazioni.

Per la cronaca per i pochi che non lo conoscessero lo scultore del legno Ferdinando Codognotto è uno degli esponenti più importanti nel panorama culturale mondiale in tale disciplina e le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private in Europa, nelle Americhe ed in Giappone.

Veneto di nascita, di San Donà di Piave, già in età precoce il giovane Ferdinando mostra una predisposizione per l’arte modellando creta ed iniziando i suoi primi approcci con il legno. A soli 16 anni si traferisce a Venezia dove frequenta la scuola d’arte. I suoi disegni si rifanno alla natura, lavora contemporaneamente nelle botteghe del legno per mantenersi agli studi imparando anche il restauro degli oggetti antichi. Nel 1963 si trasferisce a Roma e decide di aprire la sua bottega in via dei Pianellari, tuttora esistente. La scelta di stare fronte strada a contatto con il pubblico è da subito vincente ed asseconda la sua naturale curiosità e comunicativa; di li passano tutti, turisti ed artisti ed anche Eduardo De Filippo si ferma da lui, gli lascia una dedica scritta e gli dice “Ce vò fatica”.

All’epoca disegna anche vignette per i giornali tra cui quello di Guglielmo Guasta direttore del giornale satirico “Il Travaso delle Idee”. Corona anche il suo sogno amoroso e sposa la sua Luigina che sa sostenerlo ed incitarlo, con caparbietà, in questo percorso non sempre facile. Lo stesso Codognotto afferma “Se non c’era lei, non c’ero io”.

Decide poi nel settembre del 2015 di aprire la Fondazione “Luigina e Ferdinando Codognotto” proprio in onore di Luigina e da allora istituisce un premio che in questi primi 5 anni è stato consegnato a nomi celebri quali Alessio Boni, Ennio Morricone, Renato Zero, Giuseppe Tornatore e Pippo Baudo. Costruisce piano piano una rete di relazioni con personaggi noti e suoi colleghi artisti, stringe amicizia con gli scultori Giacomo Manzù ed Emilio Greco che gli danno consigli ed in quel periodo, rifacendosi alla natura, realizza opere con animali e fiori prediligendo in particolare il legno di cirmolo della Val di Fiemme.

Poi le prime apparizioni in TV che lo portano ad avvicinarsi a Ugo Tognazzi. Frequenta così casa Tognazzi a Tovajanica realizzando il trofeo che viene consegnato ai vincitori dell’annuale gara di tennis, appuntamento che man mano diventa sempre più importante occasione per frequentare artisti ed imprenditori facoltosi. Tra questi conosce un regista di Parma che gli chiede il restauro di due putti del 700: è Mario Lanfranchi, marito della nota soprano Anna Moffo per la quale poi realizza il suo ritratto. Arrivano pian piano anche le soddisfazioni e l’apprezzamento per le sue opere, che sono tante.  Le sue tematiche toccano sempre la natura, la meccanica che ha studiato in giovane età e l’uomo. Man mano la sua fama cresce e giunge alla Quadriennale di Roma in cui espone la maternità ed il cervello tecnologico, in giuria c’è anche Guttuso.

Stringe amicizie con tantissimi personaggi noti, tra cui, suoi estimatori, anche Liza Taylor, Robert Redford e Julia Roberts, anche Papa Wojtyla Giovanni Paolo II ed il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ricevono sue opere lignee.

Tra le varie importanti mostre segnaliamo quella personale a Palazzo Braschi nel 1976 con ben 11 sale in cui sono state collocate molte tra le sue opere più significative e poi espone a Palazzo Valentini.

Ci rivela come oggi percepisca i segni del declino della nostra società contemporanea fatto di progresso distratto rispetto ai veri valori dell’uomo, che partono anche dalla contemplazione della natura così come gli insegnava il suo papà giardiniere. E quando insieme riflettiamo cosa sarà il futuro, con un guizzo sottolinea che il futuro è già adesso e che bisogna conservare curiosità e positività. Per questo, per le sue nuove realizzazioni, c’è un ritorno al colore, quasi come ai primordiali Incas che ci riportano alla gioiosità, in questi tempi un po’ sopita. Il testimone passerà poi a suo figlio Lorenzo che già da anni lavora con lui in bottega.