Di Ester M. Campese
Per E-ART Magazine abbiamo intervistato Padre Nuccio Puglisi autore del libro “Centootto volte più grande del sole” un testo tratto da una storia vera. Ma attraverso questo incontro Nuccio Puglisi ci racconta di più, conosciamolo da vicino.

Benventuo la prima domanda riguarda il titolo che riporta un numero particolare, perché proprio 108?

Una scelta precisa. Centootto sono le cuciture di una palla da baseball, un gioco che appassiona Alessandra, la protagonista del romanzo. Questo numero, contenuto nel titolo, diventa dunque emblema della stessa protagonista. Vi è un momento molto forte nella storia, ad esempio, in cui Alessandra viene paragonata ad una stella, e non per motivi romantici… E se una stella è grande più del sole oltre un certo numero di volte, alla fine si trasforma in un buco nero; nel libro, appunto, si crea un parallelo tra la fine di una stella e la fine di una vita umana: se l’anima della protagonista è paragonabile ad una stella di dimensioni 108 volte maggiori a quelle del sole, allora al termine del suo viaggio ella sosterrà una trasformazione prodigiosa, bellissima. Anche se drammatica.

Come è nata l’idea di scrivere questo libro?

L’idea mi venne circa undici anni fa durante un incontro per seminaristi; io sono un sacerdote. Ci fu raccontata la storia di una ragazza malata in fase terminale, Lucia, che scelse di prepararsi per l’esame di maturità. Diversi chiesero il motivo di questa scelta, data la sua condizione; lei rispose non dipendeva dalle aspettative che altri avrebbero potuto avere, ma da una sua necessità di portare a termine qualcosa di interamente compiuto. Quindi si preparò e qualche giorno dopo aver sostenuto l’esame, terminò la sua esistenza terrena. Fu molto forte il messaggio di autodeterminazione che trasmise col suo gesto, soprattutto per la forza d’animo e per l’importante insegnamento di non lasciarsi andare, di essere sempre capaci di autodeterminarsi, anche nella situazione più estrema. Fu così che mi venne il desiderio di prendere spunto dalla storia di Lucia per farmi portavoce di questo messaggio, e l’ho fatto proprio in “Centootto volte più grande del sole”.

Quanto conta l’esperienza diretta della vita quando si scrive e quanto invece l’immaginazione?

Nel descrivere una storia dove appare anche una buona percentuale di soliloqui, in un contesto del genere, direi che esperienza diretta ed immaginazione si ripartiscono uno spazio più o meno equivalente. Da un lato, l’esperienza diretta ha certamente una valenza non trascurabile. In qualità di sacerdote mi è capitato di accompagnare delle persone nelle fasi finali della loro esistenza terrena, persone che si ritrovavano a dover fare i conti con il tempo. Dall’altro, l’immaginazione è necessaria a ricostruire uno scenario nel quale non ci si è potuti trovare, ma che è essenziale per includere degli elementi al fine di strutturare la narrazione, riuscendo così a dare uno sfondo storico e caratteriale ai vari personaggi che, viceversa, apparirebbero piatti.  La storia si svolge a Catania ed in particolare nella stanza di un ospedale, ma con qualche notevole passaggio esterno, come ad esempio un’escursione sull’Etna, contenuta in due capitoli che a me, personalmente, appaiono tra i più belli. Le esigenze geografiche rispondono a delle necessità di sceneggiatura, come il dover descrivere un’ascesa su due livelli (il sentiero di montagna e contemporaneamente l’innalzarsi del tenore emotivo della narrazione) che coinvolge i vari personaggi. Questi, ovviamente, non sono solo i due protagonisti, Alessandra e Padre Giovanni; attorno ad essi ci sono altri sei personaggi che chiudono il cerchio e che prendendo spunto dall’esperienza della ragazza completeranno anche loro i tratti ancora insoluti della loro storia personale. Moralmente tutti dovranno affrontare un esame con se stessi, con i propri limiti ed i propri sogni. Questo fa sì che, leggendo questo romanzo, ciascuno possa in qualche modo immedesimarsi, anche se la propria esperienza non coincide necessariamente con quella della protagonista.

Uno scrittore che potrebbe considerare un mentore di riferimento?

Dino Buzzati, senza alcun dubbio. Per me è stato un autore formativo anche per certe suggestioni che mi ha consegnato attraverso le sue letture. Un uomo che ha speso molto tempo nel porsi in modo intelligente determinate domande sull’esistenza che a volte, purtroppo, ci si può porre invece in modo superficiale. In parte, come omaggio a lui, lo ritroviamo anche all’interno del mio lavoro. Il coprotagonista della storia, infatti, Padre Giovanni, regalerà ad Alessandra proprio un libro di Buzzati. Questo libro, del quale non svelo il titolo (è bello trovarsi a doverlo indovinare grazie a spunti e indizi) svolge un ruolo misterioso nella narrazione, un ruolo che si scoprirà solo quasi alla fine. Nel mio testo Alessandra, per quanto abbia solo diciotto anni, è una persona perfettamente è in grado di cogliere certi messaggi impliciti, e sa chiedersi il perché di questo dono. Di fatto, dopo la lettura di questo libro ricevuto in regalo, sceglierà di prepararsi agli esami di maturità. A mio parere Dino Buzzati è uno scrittore che ha percorso i sentieri dell’animo umano ed ha saputo trasmettere le sue emozioni anche attraverso la pittura. Io dico che dipingeva come scriveva, e viceversa. Anche le sue pitture inquietano, hanno una forma e una soluzione che non ci si aspetta. Mi ha sempre affasciano questa sua qualità, soprattutto per quanto riguarda il misterioso libro in questione (un libro nel libro), proprio perché trasferisce un senso di completezza.

C’è qualcosa di autobiografico in questo libro?

Sì, ci sono tante ricadute autobiografiche, ed anche geografiche. Partiamo da queste: la storia si svolge a Catania, città in cui vivo. Ho con questa città un rapporto tenero, suffragato dalle esperienze personali di chi, da questa città, si è sentito protetto ed ispirato. Catania, anche nel libro, è come un ulteriore personaggio che sostiene e governa positivamente gli eventi, che protegge aiuta e facilita. E che a suo modo, partecipa anche emotivamente (il traffico, la pioggia, il forte caldo, rappresentano il “carattere” ed i “sentimenti” della città). Di tutto questo il culmine è l’Etna che fa da sfondo, e che porta con sé tutto l’apparato simbolico (e spirituale) della montagna. Sono inclusi nel testo anche molti elementi geograficamente e linguisticamente idiomatici: la pescheria, la biblioteca benedettina, il mercato, e la personalità di coloro che vivono questi luoghi. La presenza di questi elementi non è fine a se stessa ma ha uno scopo ben preciso: ognuno presenta un livello simbolico di interpretazione. Il coprotagonista poi è un sacerdote come me, e alcuni suoi tratti – inutile negarlo – mi appartengono. Ammetto che ho scelto questo “personaggio” anche perché fosse più semplice il compito ed assecondare la narrazione. Ci sono inoltre dei capitoli fortemente rivelativi dell’autore, come il dodicesimo: “Inno alla nostalgia”, in cui descrivo questo sentimento proprio a partire dalla mia esperienza emotiva.

Quando l’autore scrive, pensa a chi legge ed a chi sarà destinato il testo?

Assolutamente sì. Qui si ripresenta l’annosa questione di cui si fanno interpreti due scuole di pensiero: “chi scrive, scrive solo per se stesso” e “chi scrive, scrive per i suoi lettori”. Credo, senza il rischio di voler semplificare, che siano vere entrambe. Almeno, per me è così. Scrivere per se stessi risponde evidentemente ad una necessità (artistica, narrativa, comunicativa), e c’è sempre un bagaglio soggettivo (spirituale ed emotivo) a cui attingere a piene mani. Nella fattispecie, si pensa certamente anche ai possibili lettori (come non farlo?), al “target di fascia” da raggiungere e a come possano arrivare certi particolari, o ancora a come possano essere letti e interpretati alcuni passaggi, alcuni pensieri. È ovvio. Ci si pensa costantemente, non come un’ossessione, per carità, ma come un pensiero importante. Direi che ci si pensa con una certa… responsabilità.

Un sogno, un desiderio per questo libro?

Il sogno più a breve termine sarebbe quello di una bella presentazione a Roma, che abbia il sapore di una presentazione a livello nazionale. Forse ci riusciremo per il prossimo ottobre. Attualmente il libro (pubblicato da Carthago Edizioni) è presente nelle librerie catanesi, e lo si trova tranquillamente in formato cartaceo su Amazon, IBS, Feltrinelli, ed altri fornitori online. Il desiderio sarebbe quello di estenderlo il più possibile sul territorio nazionale e, perché no, che da queste pagine si possa trarre una serie TV. Ecco, questo sarebbe senz’altro un desiderio e un sogno!

Progetti futuri?

Già da più di un anno ho finito di scrivere il mio secondo libro, sul quale non posso e non voglio ancora dire nulla. Si tratta di una narrazione ampia che, spero, possa piacere a tutti come è piaciuta a me. Sto inoltre lavorando alla stesura del terzo libro, ed anche per questo ce la sto mettendo tutta, cercando di creare una narrazione piacevole e allo stesso tempo di buon contenuto. Unitamente a questo sto lavorando alla realizzazione di uno scritto nel quale traccio dei profili descrittivi di alcuni cartoni anni 80, “inconsapevoli” contenitori di valori e messaggi. Cose con cui siamo stati a contatto da bambini (soprattutto quelli della mia generazione) e su cui penso bisognerebbe ritornare con la mente di una persona adulta. Anche nel mio romanzo si incastra l’esperienza di una sigla degli anni 80 che diventa assolutamente determinante per la comprensione del testo, creando un parallelismo di notevole consistenza. La protagonista, infatti, si riconoscerà in una ragazza che cantava una nota sigla di un cartone anni 80. Il resto è tutto scritto là, in “Centootto volte più grande del sole”.