di Anna Maria Stefanini
Non c’è niente di più sincero della finzione, direbbe uno come Oscar Wilde. Gesù di Nazareth usa la parabola per rappresentare verità profonde; secoli prima autori immortali come Eschilo, Sofocle e Euripide inventarono la scena e la tragedia per raccontare i temi universali dell’umanità. Da lì sono derivati il teatro, l’epica, il mito, la letteratura, la poesia, l’arte, la musica ma anche Pinocchio, la Fender e la pasta all’uovo. Forme espressive diverse che accelerano l’intelligenza mediante la stimolazione emotiva; talvolta la provocazione.
La chiamiamo finzione ma si potrebbe benissimo dire creatività. Prendete il celeberrimo “mangiafagioli” di Annibale Carracci (Bologna, 1560 – Roma, 1609): non trovate che questo quadro racconti la condizione umana meglio di un trattato di sociologia? Naturalmente la sociologia e la storiografia sono importanti; ma se volete catturare l’anima di un tempo, di un luogo o di un essere dovete interpellare gli artisti, i letterati e i poeti; proprio quelli che usano la finzione per raccontare il vero.
Talvolta l’arte racconta l’arte: “- Enrico, – disse Basilio Hallward guardandolo decisamente negli occhi, – ogni ritratto dipinto con passione è il ritratto dell’artista, non del modello. Il modello non è che il pretesto, l’occasione.
Non è lui quello che viene rivelato dal pittore, ma piuttosto il pittore che sulla tela dipinta rivela se stesso. La ragione per cui non voglio esporre questo ritratto è che temo di aver palesato in esso il segreto della mia anima… Savo parlando con imponenti matrone ingioiellate e noiosi accademici quando ebbi la certezza che qualcuno mi guardava. Mi volsi, e vidi Dorian Gray per la prima volta.
Quando i nostri occhi si incontrarono mi accorsi che impallidivo; mi aggredì una strana sensazione di terrore. Ed ebbi la certezza di trovarmi di fronte ad un uomo il cui semplice aspetto era così affascinante da potermi rapire, se mi fossi abbandonato, il mio intero essere, la mia anima, la mia stessa arte… non so come spiegarti: qualcosa pareva dirmi che ero sulla soglia di una terribile svolta, avevo la strana sensazione che il destino avesse in serbo per me squisite gioie e squisiti dolori…”
Una citazione speciale merita l’opera lirica. Lì gli attori non parlano, cantano; la finzione narrativa è spinta al massimo grado. Concludo con due suggerimenti in tema.
Il primo è per tutti: la visione del film musicale “Across the universe” della regista inglese Julie Taymor. Il film, costruito sulle più famose canzoni dei Beatles, racconta il viaggio esistenziale e generazionale negli USA degli anni ’60 di un ragazzo di Liverpool.
Il secondo è rivolto, in particolare, agli insegnanti; si tratta della famosa canzone anti-droga “The acid Queen” interpretata in stile rhythm and blues da una fiammeggiante Tina Turner, tratta dall’opera rock “Tommy”, di The Who, trascritta in film musicale dal regista Ken Russell.
Il video si può facilmente scaricare da youtube.